Quello che differenzia l’educazione e la rieducazione dalla violenza o
dall’addestramento è il riconoscimento, nell’altro, del soggetto del suo desiderio
nello stesso momento in cui è oggetto della nostra cura, in particolare in quelle
occasioni della vita – sempre il suo inizio, spesso la sua fine e momenti di
sofferenza fisica e psichica- in cui chi ci sta di fronte ha particolare bisogno di noi o
addirittura dipende da noi per la sua sopravvivenza.
Per questo l’intervento con un bambino o un adulto “caratteriale”, “cerebroleso”,
“psicotico”, “tossicodipendente” è delicato: non si tratta di cancellare qualcosa, di
sbarazzarsi di un errore, di drizzare una stortura o ricondurre sulla buona strada: la
storia della persona è, nello stesso tempo, ciò di cui è malata e soffre e la linfa
vitale dalla quale può attingere energia per superare la sofferenza e diventare
responsabile. Qualsiasi fatto, anche infausto, è solidale con un insieme vivente e
può servire positivamente a chi ne sa trarne insegnamento.
La radice della storia passata, fatta carne è la struttura che non cambia. non si può
cambiare il passato, la storia. Quello che si può cambiare sono i legami che ogni
uomo e donna, con la propria struttura, può articolare con gli oggetti, sempre esterni
e le altre persone. questo può cambiare il senso del passato e, così facendo, aprire
l’avvenire”
“…gli educatori sono, per il loro lavoro, vicini alla parte selvaggia della società;
quell’insieme di cose irrisolte e di contraddizioni che il campo sociale si mette da
parte perché non stanno nel suo ordine. Se cercano subito di fare delle mediazioni,
pongono un velo sulla realtà che hanno di fronte. ne esce una conoscenza che ha a
che fare col verosimile anziché col vero.
Portare la parte selvaggia nel campo ordinato procede dall’iniziale stare in
presenza, tenersi in presenza di ciò che non ha senso. Il che è molto difficile
soprattutto se si è in presenza della sofferenza. Le cose hanno un senso interno e
se stiamo in loro presenza esse ce lo mostrano. Per questo bisogna
prendere/perdere tempo, non coprire la realtà con l’ordine verosimile della nostra
cultura che vorrebbe mediare tutto. In questo modo ci si può modellare
mentalmente secondo le cose senza senso davanti a noi: le cose senza senso ci
impressionano e quando ragioniamo su tutte le cose del mondo, non soltanto su
quelle che ci oscurano professionalmente, scopriamo di essere più liberi e più
intelligenti.”F.Dolto e L.Muraro
L’educatore non può cambiare la realtà che incontra: le storie delle persone che
incontra, con cui lavora sono date, immodificabili. Quello che l’educatore può
cambiare sono i rapporti fra queste storie e il mondo attorno (i legami): la storia può
essere raccontata, rappresentata in molti modi, il modo si può e si deve scegliere.
Questo momento ha a che fare col potere e ci suggerisce un collegamento fra
conoscere la realtà rappresentarla e cambiarla.